lunedì 18 febbraio 2013

CASTEL DI SASSO


Il territorio
Castel di Sasso sorge su uno sperone roccioso la cui parete occidentale scende a strapiombo sulla sottostante vallata. Le condizioni climatiche hanno favorito lo sviluppo di una rigogliosa vegetazione tipica della macchia mediterranea e il territorio offre visioni spettacolari di una primitiva e selvatica bellezza.
Un po’ di storia
Fino al 1863, il paese era denominato Sasso (da saxum, rupe) per alcune analogie morfologiche e storiche con la rupe Tarpea: i Sanniti locali, sconfitti dai Romani, furono ingoiati, infatti, dallo strapiombo in un volo di un centinaio di metri. Con le invasioni barbariche, subì devastazioni e incursioni; fu poi sotto il dominio goto e successivamente sotto i Longobardi, che fecero costruire un castello. Con l’organizzazione feudale  attuata dai Normanni, Sasso fu incorporato nel feudo di Dragoni, alle cui vicende è legato e, dopo l’unità d’Italia, venne ribattezzato Castel di Sasso col Regio Decreto del 28 giugno 1863.
Prodotti tipici
Castel di Sasso è noto soprattutto per i suoi prodotti, molti dei quali ottenuti ancora con metodi tradizionali e naturali: il vino Casavecchia, il conciato romano, la mozzarella di bufala, il miele, l’olio.
La popolazione
La popolazione, di origine sannita, è di 1200 abitanti circa ed è suddivisa in 4 frazioni (Sasso, Prea, Cisterna, Strangolagalli) e in varie contrade. Ha subito tante dominazioni, è stata colpita da continue guerre e calamità naturali ma ancora oggi conserva qualcosa di antico che viene tramandato di generazione in generazione.

Martina Petruccelli, II D

domenica 17 febbraio 2013

COLLEGIO DOCENTI


E’ convocato per le ore 15.00 del 19 febbraio 2013 presso i locali dell’ITI, in via G. Caso a Piedimonte Matese, il Collegio dei Docenti dell’ISISS Piedimonte Matese.

IL SANTUARIO DI SANTA MARIA A CASTELLO




Si trova su una collinetta a 355 metri sul livello del mare. L’origine di questo Santuario risale probabilmente al IX secolo, ma le fonti storiche scritte ci riportano al 1122 o al 1142. Un certo Riccardo Anglico si ritirò a vivere in eremitaggio sul Santuario e divenne frate entrando nell’ordine dei Verginiani di San Guglielmo di Vercelli. Per conservare questo luogo sacro, diventò rettore e priore e vi rimase fino alla sua morte. Successivamente, vi abitarono i monaci Verginiani, che avevano anche un’altra sede nella zona centrale di Formicola (monastero), dove attualmente risiede il Municipio.
Quando Trebula, città fondata dagli Osci, ingrandita dai Romani e in seguito controllata dai Longobardi, fu distrutta da un violento terremoto e da ripetute invasioni saracene, le popolazioni si insediarono in una zona detta Castiello e successivamente in tutta la vallata dando origine a Formicola.
La costruzione del Santuario è legata, secondo la credenza popolare, alla leggenda  del lupo: una signora di Castiello si recò a raccogliere la legna con un bambino di pochi mesi ancora in fasce. All’improvviso, mentre il piccolo dormiva al riparo di un’ampia roccia, un lupo azzannò il bambino e lo portò via; la donna, disperata, invocò la Madonna affinché le salvasse il figlio. Poco dopo, Nostra Signora apparve sulla roccia vicina con il bimbo in braccio e allora la donna, tornata in paese, raccontò il fatto ai suoi compaesani, che l’aiutarono a costruire in quel punto la prima originaria cappellina come segno di gratitudine per la grazia ricevuta. Con il passare degli anni, il culto per la Madonna del Castello si è sempre più diffuso tanto che l’esigua cappella è diventata un Santuario. Nella cupola centrale sono raffigurati i quattro evangelisti: San Marco con il leone, San Giovanni con l’aquila, San Luca con il toro e San Matteo con l’Angelo. Nella parte sottostante del Santuario, c’è un’antica cappella del XIV secolo, con affreschi raffiguranti figure religiose. La parte superiore risale a molti secoli dopo (1890), quando il rettore don Pasquale Fusco ampliò la costruzione con la torre campanaria e il caseggiato per l’alloggio dei monaci e degli ospiti di passaggio.
Il Santuario è stato recentemente ristrutturato; attualmente è abitato da due monaci francescani che ogni domenica celebrano la Santa Messa.
La statua della Madonna del Castello sosta dal 2 luglio al 15 agosto nella Chiesa dello Spirito Santo, in paese, dove viene celebrata solennemente la prima domenica di agosto.

Ilaria Piserà III D

IL BULLISMO




Il fenomeno dal bullismo si sta diffondendo sempre di più nel nostro Paese, come purtroppo già avviene in altre nazioni. Il termine stesso viene dalla parola inglese bullying, che significa compiere aggressioni fisiche o verbali ripetute e violente nei confronti di un compagno più piccolo o meno forte. E' oggetto di bullismo chi riceve insulti, minacce, ma anche chi viene ridicolizzato con soprannomi ''antipatici'' o crudeli, chi è oggetto di pettegolezzi o dicerie, chi viene offeso per il proprio aspetto fisico, la sua religione o provenienza etnica, chi è escluso dalle amicizie e dai giochi, con l'intento di isolarlo. Gli episodi di bullismo hanno come protagonisti il bullo e la vittima, due ruoli opposti ma complementari, a cui si aggiunge quello degli spettatori, ovvero i compagni di classe o gli altri componenti del gruppo. Questi ultimi hanno un'importanza fondamentale,in quanto possono sostenere il bullo e isolare la vittima, o,al contrario,isolare il bullo e schierarsi dalla parte della vittima. Le condizioni affinché si possa parlare di bullismo sono due: la sproporzione di forze tra i due e la frequenza con cui i maltrattamenti si ripetono. Si può parlare di bullismo, e non di semplici giochi o contese tra amici, quando il molestato non può o non riesce a difendersi per motivi fisici o caratteriali. E' diverso il caso in cui due ragazzi della stessa età o della stessa forza litigano tra loro. Nel bullismo infatti il prepotente sceglie come vittima un ragazzo di cui sa che non è in grado di difendersi. Non è vero inoltre che questo fenomeno riguardi solo i maschi: spesso anche tra le ragazze si verificano episodi di bullismo. Anche senza ricorrere alla violenza fisica, le femmine possono essere altrettanto prepotenti, escludendo una compagna,mettendo in giro voci spiacevoli sul suo conto, deridendola per il suo aspetto fisico.
A volte il bullo proviene da una realtà familiare difficile o da un contesto sociale di povertà o di abbandono. Molto spesso però, si tratta di ragazzi normali che vivono apparentemente in una famiglia regolare e senza problemi.
Le vittime sono invece generalmente ragazzi timidi e un pò insicuri che hanno una scarsa stima di se e problemi a relazionarsi con gli altri. Gli spettatori, infine sono gli altri compagni di classe che denunciando, non aiutando o semplicemente facendo finta di non vedere quando accade in classe, finiscono per essere complici del bullo. Secondo alcuni studiosi, sono anche i condizionamenti della società contemporanea, l'influenza di tv e videogiochi violenti ad aver provocato una crescita allarmante di questo fenomeno. L'educazione familiare e quella scolastica hanno in questo senso un ruolo fondamentale: spetta a loro insegnare qual'è il confine tra lo scherzo e il reato, tra la bonaria presa in giro e i veri e propri atti di teppismo. Episodi di bullismo, di violenza fisica o psicologica talvolta inaudita si verificano a partire dalle elementari, fino alle superiori. Ma non bisogna abbattersi, bisogna avere il coraggio di ribellarsi.

Anna Neri e Anna Carano

giovedì 14 febbraio 2013

SAN VALENTINO


Fin dal IV secolo a.C. i romani pagani rendevano omaggio, con un singolare rito annuale, al dio Lupercus. I nomi delle donne e degli uomini che adoravano questo Dio venivano messi in un'urna e opportunamente mescolati. Quindi un bambino sceglieva a caso alcune coppie che per un intero anno avrebbero vissuto in intimità affinché il rito della fertilità fosse concluso. Determinati a mettere fine a questa primordiale vecchia pratica, i padri precursori della Chiesa hanno cercato un santo "degli innamorati" per sostituire il deleterio Lupercus. Così trovarono un candidato probabile in Valentino, un vescovo che era stato martirizzato circa duecento anni prima. Nel 270 d.C. il vescovo Valentino di Interamna, (oggi è la città di Terni), amico dei giovani amanti, fu invitato dall'imperatore pazzo Claudio II e questi tentò di persuaderlo ad interrompere questa strana iniziativa e di convertirsi nuovamente al paganesimo. San Valentino, con dignità, rifiutò di rinunciare alla sua Fede e, imprudentemente, tentò di convertire Claudio II al Cristianesimo. Il 24 febbraio, 270, San Valentino fu lapidato e poi decapitato.
Questa festività tanto attesa dagli inguaribili romantici, bollata come “elogio del consumismo”, snobbata dagli scapoli affezionati alla propria indipendenza, temuta da ex e single un po’ meno convinti, rimane, nel bene e nel male, una delle ricorrenze più note al mondo. Probabilmente la sola capace di creare un moto di oscillazione pendolare tra umori contrapposti, di sicuro l’unica che, spogliandosi dell’originale dimensione religiosa, sembra voler dare voce alle mille manifestazioni di quel sentimento che si è soliti chiamare “amore”. E' la festa degli innamorati, delle coppie storiche e di quelle appena nate, dei biglietti ritagliati e scritti a mano, delle frasi melense ripetute sempre uguali, dei giuramenti, dei “per sempre”, dei fiori e dei cioccolatini, del regalo “qualsiasi basta che sia rosso e a forma di cuore”, delle farfalle sullo stomaco, infine, perché no, delle gemme e dei carati. San Valentino come abbiamo già detto, nasce appunto per festeggiare l'amore. La parola amore ha moltissimi significati e moltissime forme. Probabilmente è una delle parole più abusate al mondo, e anche se dovrebbe essere considerato come il sentimento più bello in assoluto, molte volte è considerato il più brutto. Forse perché è quello che più ci fa soffrire. L'amore non può essere controllato. Non può essere manovrato. Non può essere altro se non amore. Di questo sentimento si parla già dall’antichità, attraverso le poesie, i sonetti, le opere degli artisti. Basta pensare a Dante e Beatrice, a Marco Antonio e Cleopatra, a Romeo e Giulietta. Al giorno d’oggi si parla d'amore in modi diversi, magari attraverso canzoni d’amore, cioè parole e note che si intrecciano e creano qualcosa di straordinario. Oppure attraverso un film, un sms o attraverso una scritta sul muro.
Se ci pensiamo per un attimo l’amore fa parte delle nostre giornate continuamente, per questo anche se considero San Valentino una festa bellissima e romanticissima, sono del parere che essa è più che altro una festa commerciale, perché se si ama una persona non c'è bisogno di aspettare San Valentino per dimostrarlo, ma lo si può fare benissimo tutti i giorni con piccoli gesti e piccole attenzioni. BUON SAN VALENTINO A TUTTI.
Ilaria Piserà III D

domenica 10 febbraio 2013

LIBERI: LA GROTTA DI SAN MICHELE




Nella parte settentrionale del comune di Liberi, in località Profeti, sulla parete nord del Monte S. Angelo (anticamente Monte Melanico), si affaccia, con due sbocchi, una grande caverna. La grotta è a circa 800 metri di altitudine; chi vi arriva, si trova di fronte a un masso calcareo, alto più di 500 metri. Dinanzi, c’è un piazzale romboidale di nuda rocca, largo circa 300 mq, con al centro un pozzo d’acqua sorgiva profondo due metri, con un diametro di circa 1,30 m.
Oggi nella grotta ci sono tre altari; ciò significa che vi era necessità di più mense per celebrare la messa contemporaneamente a causa del numeroso concorso di clero e fedeli. All’interno, lungo la parete, un ricamo di stalattiti operato dal millenario velario d’acqua; sulla parete destra, un busto calcareo di donna al cui cospetto sorge il primo altare di sasso, di patronato dei Profeti, frazione di Villa Liberi, già Villa Sclavia; esso ha subìto un rifacimento moderno ed è sormontato da un bassorilievo dell’Arcangelo, che con la sinistra libra la bilancia e con la destra protesa impugna la spada contro un nemico invisibile, da figura della Madonna col Bimbo in braccio e teste di angeli. Segue, nel punto più interno della grotta, l’altare maggiore, in forma basilicale, cioè rivolto al pubblico, privilegio raro che sottolinea l’importanza del santuario e probabilmente spiega la definizione della grotta come basilica nella cronaca medievale. Alle spalle di questo altare vi è una rozza costruzione a pianta rettangolare coperta da una volta a tutto sesto. Più avanti è il terzo altare, detto di Roccaromana, addossato alla roccia e quasi completamente distrutto.
Sugli altari e nella grotta non vi solo tracce di pitture, forse per la maggiore vetustà di questo tempio rispetto ad altri notevolmente affrescati o, più probabilmente, per la costante calcinazione delle pareti indotta dalle acque di stillicidio che potrebbe aver coperto graffiti o piccole impronte sulle stesse. 
La grotta ha una diramazione verso nord-est lunga quasi 60 metri, che si restringe in un cunicolo; avanzando carponi, si giunge ad un laghetto sotterraneo.
Quel penetrale litico immette in una voragine denominata sciusciaturo per le folate gelide di vento che salgono dal ventre della montagna; da quel cunicolo si usciva sul crinale sovrastante; oggi è quasi otturato da macigni caduti dalle lamie litiche. Indietreggiando, si giunge ad una saletta dove un macigno staccatosi dall’alto crea un tavolo attorniato da quattro sedie in stalattiti. Attraverso un foro, si scende nelle viscere della montagna; a circa cento metri di profondità si hanno tre ramificazioni: la prima si dirige ad occidente, la seconda propende verso la grotta di San Michele, la terza cala a strapiombo nelle viscere della montagna. Dopo il secondo altare, una stalagmite sbarra il passo nella grotta; a sinistra, si apre un secondo vano che ha per tetto una cupola, dove migliaia di stalattiti pendule assumono forma sempre diversa: carciofo, alga, cocomero, fungo, pigna, ciuffi di erica, leone, giaciglio, baldacchino.
Vi sorge l’altare centrale appartenente alla cattedrale di Capua e, subito dopo, un terzo altare di sasso designa il posto ove celebravano i sacerdoti di Calvi-Teano.
La grotta è dedicata a San Michele Arcangelo; attualmente, l’8 maggio ed il 29 settembre, una solenne processione parte da Profeti e giunge alla grotta, portandovi l’immagine del santo.

Il culto
Il culto dell’Arcangelo si sovrappone a quello antico, secondo il quale nella grotta viveva un mostro al quale bisognava ogni anno sacrificare una giovane abbandonata nella valle di Melito. Un anno la sorte toccò la figlia del Signore del luogo che, per salvare il suo popolo ed il feudo, non si oppose. La fanciulla venne lasciata nella vallata per essere divorata dal drago. In quei luoghi capitò San Michele che, vedendola piangente e tremante, le chiese il motivo del suo dolore. Avutane spiegazione, si fermò presso la fonte di acqua purissima e fresca che sgorga in quei luoghi e attese l’arrivo della bestia. San Michele non scappò ma combatté il drago per salvare la fanciulla; la lotta fu cruenta, ma alla fine l’Arcangelo ebbe partita vinta. Il padre della fanciulla lo invitò a fermarsi ed a chiedergli qualunque cosa, ma il giovane ringraziò e partì in giro per il mondo. Da allora la grotta fu dedicata all’Arcangelo San Michele.

Credenze popolari
Una stalattite, a forma di mammella, distilla dal capezzolo un’acqua ritenuta miracolosa: i fedeli la raccolgono in una sottostante vaschetta di pietra e la usano per detergere il viso e gli occhi. 
Un’altra fonte di acqua miracolosa è nei pressi dell’ingresso principale, dove è stato scavato nella roccia un piccolo pozzo largo e profondo circa un paio di metri, che raccoglie acqua ritenuta santa e miracolosa, da attingere solo con lo scuorzo, un attingitoio formato da corteccia d’albero, ripiegata a fare un contenitore.
Inoltre, è usanza delle pellegrine strofinarsi contro la roccia per propiziare la gravidanza; la nostra grotta, inoltre, tutela la legittimità della filiazione, poiché si restringe ad intrappolare i figli illegittimi e le donne infedeli o impudiche. 

Alessandro Scheiber, III D
Antonio Civitella, V D

PONTELATONE



Ogni terra ha la sua storia che affonda nelle radici del passato. L’origine del nome Pontelatone sembrerebbe derivare da un composto di "ponte" e "latone", il primo nome fa riferimento al ponte che collegava il paese alla vallata, il secondo, invece, deriva dal latino latro-onis, ossia ladro, quindi ponte del ladro.
Il paese conta circa 1.900 abitanti, si trova in Campania in provincia di Caserta. Situato in una verdeggiante zona collinare, esso si presenta al visitatore come un borgo circondato da un alto fossato. L'economia di Pontelatone è legata principalmente all'agricoltura ed all'allevamento. Le sue origini risalgono all'occupazione romana, che sfruttarono la zona ricca di risorse agricole. Maria S.S. dell'Orazione, festeggiata il 22 Agosto, è la patrona del paese.
Oltre che al caratteristico centro storico, possiamo ammirare la chiesa Parrocchiale, di antica fondazione, che conserva al suo interno numerose opere di artisti locali e la chiesa di Santa Maria di Costantinopoli del XVIII secolo.
Pontelatone è caratterizzata da una torre rimasta testimone dell'antichità, essa è alta circa 20 metri e domina tutto l'abitato. La torre, chiamata anche “torre angioina di Pontelatone”, nasce dall'intersezione di un elemento tronco-conico, con uno cilindrico, tra i quali è inserita una cornice a toro di notevole effetto plastico. Alla sommità del corpo cilindrico è riconoscibile l'archeggiatura, che costituiva lo sbalzo e permetteva la realizzazione delle caditoie. Questi elementi di coronamento rappresentano degli ulteriori accorgimenti difensivi che l'architettura militare trecentesca aveva elaborato per potenziare le capacità di resistenza delle fortificazioni. Le torri conservano le cortine merlate, utili alla difesa frontale, essendo adibite a difesa e non ad abitazione, richiedevano un accesso difficile da raggiungere e facile da proteggere. All'interno si accedeva a mezzo di corde e non esistevano scale o ponti levatoi, che vennero installati in epoche più recenti. Questa torre ancora oggi non è accessibile al pubblico, anche se restaurata, e non è stata trovata alcuna soluzione al problema del passaggio per accedervi. I ragazzi del paese, a proprie spese ed a loro rischio e pericolo, sono saliti sulla torre ed hanno costruito un albero di Natale, che è stato illuminato grazie ad un privato cittadino che abita accanto alla torre, il quale ha messo a disposizione gratuitamente l’energia elettrica.
Ultimamente, ovvero il 17 Gennaio, la Pro Loco di Pontelatone ha proposto in piazza Fontana il tradizionale falò di Sant'Antuono. L’iniziativa è stata animata da musica popolare e da una degustazione di pasta e fagioli con cotenna e carne di maiale, oltre a vino Casavecchia di Pontelatone. Nel corso della serata è stato estratto a sorte anche un ricco cesto con prodotti gastronomici dell’area trebulana.

Anna Carano e Anna Neri  II D

sabato 9 febbraio 2013

INCONTRO SCUOLA FAMIGLIA



I genitori degli alunni dell’ITAS di Formicola sono invitati GIOVEDI 14 FEBBRAIO 2013 dalle ore 15.00 alle ore 18.00 a conferire con i docenti coordinatori e a ritirare il pagellino con i risultati del I° quadrimestre.

OPEN DAY



Oggi pomeriggio dalle ore 15.00 alle ore 18.00 tutti i plessi scolastici dell’ISISS di Piedimonte Matese, compresa la sede associata dell’Istituto Agrario di Formicola, rimarranno aperti per l’Open Day. Tutti i visitatori saranno accolti da personale in servizio. 

mercoledì 6 febbraio 2013

IL CARNEVALE


Il carnevale è una festa che si celebra nei Paesi di tradizione cattolica ma i suoi caratteri hanno origini in festività più antiche, come le dionisiache greche o i saturnali romani, durante i quali si realizzava un temporaneo scioglimento dagli obblighi sociali e dalle gerarchie per lasciare posto al rovesciamento dell’ordine, allo scherzo e anche alla dissolutezza. Da un punto di vista storico e religioso, il carnevale rappresentò un periodo di rinnovamento simbolico durante il quale il caos sostituiva l’ordine costituito, che tuttavia riemergeva rinnovato una volta esaurito il periodo festivo.
La parola carnevale deriva dal latino carnem levare (eliminare la carne), poiché anticamente designava il banchetto che si teneva il martedì grasso, ultimo giorno di carnevale, subito prima della Quaresima, periodo di astinenza e di digiuno. Dove si osserva il rito ambrosiano, la Quaresima inizia con la prima domenica di Quaresima; pertanto, l’ultimo giorno di carnevale è il sabato, quattro giorni dopo rispetto al martedì in cui termina dove si osserva il rito romano.
L’elemento distintivo e caratterizzante dei festeggiamenti del carnevale è l’uso del mascheramento, accompagnato da pubbliche parate in cui dominano elementi giocosi e fantasiosi.
Il carnevale più famoso e più importante al mondo è quello di Rio de Janeiro, ma anche molti carnevali italiani attirano molti turisti stranieri: il Carnevale di Venezia, il Carnevale di Viareggio, il Carnevale di Fano, il Carnevale di Ivrea, il Carnevale di Acireale, il Carnevale di Cento, il Carnevale di Putignano,
La Proloco “Il Caprario” di Formicola presenta, nei giorni 7 – 10 – 12 febbraio, il tradizionale appuntamento con il Carnevale: personaggi in maschera animeranno le strade e le piazze a bordo di carri allegorici.

Alessandro Scheiber, III D  

domenica 3 febbraio 2013

CONSIGLI DI CLASSE 1° QUADRIMESTRE



Sono convocati, nella sede associata dell’Istituto Tecnico Agrario di Formicola, i Consigli di Classe della sezione D secondo il seguente calendario:

MARTEDI 5 FEBBRAIO 2013

1^ D dalle ore 14.30 alle ore 15.30
2^ D dalle ore 15.30 alle ore 16.30
3^ D dalle ore 16.30 alle ore 17.30
4^ D dalle ore 17.30 alle ore 18.30
5^ D dalle ore 18.30 alle ore 19.30

SAN BIAGIO, IL PATRONO DI FORMICOLA



Oggi si celebra la memoria di San Biagio Vescovo e Martire, santo patrono di Formicola. Vissuto nel III-IV secolo, era originario di Sebaste, in Armenia, dove svolgeva l’attività di medico e fu nominato vescovo. A causa della sua fede cristiana, venne imprigionato e processato dai Romani; avendo rifiutato di abiurare la sua fede in Cristo, fu scorticato vivo con i pettini di ferro usati per cardare la lana e, infine, decapitato. Il suo corpo fu sepolto nella cattedrale di Sebaste e, nel 732, una parte dei suoi resti furono imbarcati per essere portati a Roma. Una tempesta bloccò il viaggio a Maratea, dove i fedeli accolsero l’urna contenente le reliquie e la conservarono nella Basilica, sul monte San Biagio.
Durante il periodo della sua prigionia, San Biagio guarì miracolosamente un bambino cui si era conficcata una lisca in gola. Per questo motivo è invocato come protettore per i mali di gola e assistiamo al rito della “benedizione della gola”, compiuto con due candele incrociate.

Roberto De Matteo V D

IL CONCIATO ROMANO



Nell'alto Casertano ci sono dei piccoli comuni, non molto abitati, ma conosciuti per i loro prodotti tipici. Tra questi troviamo l’area della “Baronìa” che è una fitta campagna immersa in uliveti, boschi e vigne che s’inerpicano fino alle montagne, essa è costituita dai comuni di Castel di Sasso, Formicola, Pontelatone e Liberi. Lontano dal turismo di massa, qui le tradizioni si tramandano attraverso saperi familiari rischiando anche l’oblìo. La nostra terra è famosa per molti prodotti tra i quali troviamo la mozzarella di bufala, che si fregia del marchio DOP e che viene prodotta nelle zone pianeggianti dove si trovano gli allevamenti bovini e bufalini. Nell’area alto-collinare, invece, c'è il cuore del vitigno Casavecchia, che ha dato vita all’omonimo vino IGT riscoperto solo nell’Ottocento. Ma uno tra i più importanti prodotti della nostra zona, lo troviamo nel piccolo comune di Castel di Sasso, precisamente nell'agriturismo "Le Campestre", infatti è proprio lì che si produce un formaggio ovino antichissimo, sopravvissuto all’estinzione grazie alla famiglia Lombardi, che continua a tramandare da generazioni la ricetta di questo formaggio dalle origini antichissime e dal gusto deciso: "IL CONCIATO ROMANO". Per avere dei risultati migliori la famiglia Lombardi, in questi anni, ha ripreso l’antica tecnica, già conosciuta ai Romani e citata anche dal poeta Marziale, che consiste nel rompere a mano la cagliata, modellarla, salarla a secco e successivamente sottoporre il formaggio ottenuto alla concia, al trattamento superficiale e alla stagionatura in orci di terracotta.
Questo antico ma prelibato formaggio, dopo anni di abbandono, oggi sta conoscendo un rinnovato interesse, tanto da essere diventato presidio Slow Food, unico della provincia di Caserta, ed essere stato incluso nell’elenco regionale dei prodotti tradizionali della Campania. Tutto questo interesse nei confronti del Conciato Romano nacque circa una decina d’anni fa, quando Fabio Lombardi stava appunto lavorando per invogliare altri produttori della zona a uscire dall’ambito familiare, dotarsi di strutture igienicamente idonee, darsi delle regole e associarsi per continuare a fare un prodotto di qualità. Il risultato è stato quello della nascita dell’Associazione “Amici del Conciato”.

Ilaria Piserà III D